“Dress for the Grave” è il titolo della nuova collection esclusiva firmata da Karisma. Una raccolta di nuove immagini in cui l’autore sperimenta tutta la destrezza e la manualità che lo contraddistinguono. Ma anche un’esplorazione nel mondo dell’arte concettuale, dalle suggestioni visive forti.
Visto il filo conduttore “crepuscolare”, la collection non poteva esordire in un periodo migliore. Novembre è per definizione il mese della riflessione interiore, dei toni caldi e cupi, il cuore dell’autunno. Un’atmosfera particolarmente viva e sentita nell’arte di Karisma. E di cui “Dress for the Grave” è un esempio particolarmente riuscito.
La matrice impressionista delle opere infatti non deve trarre in inganno. L’arte di Karisma non è mai astrazione pura. Le sue collection hanno una componente visiva e immaginifica potente, ma non sono avulse da un’iconografia plastico-realista.
Karisma e il trionfo dell’arte digitale
Vi abbiamo già presentato, in questo articolo, dell’artista che si cela dietro al “nome d’arte” di Karisma. La sua arte è sicuramente uno dei risultati più evocativi in ambito digital. Uno stile “nuovo”, che riflette una generazione di talenti alla ricerca di un mezzo di espressione originale. Come può essere, appunto, un canvas digitale.
L’intuizione di Karisma è proprio quella di conferire dignità all’arte digitale. Un genere considerato, ancora oggi, “inferiore” perché troppo mainstream. L’arte digitale è un fenomeno “pop”, al pari delle correnti in epoca avant-guarde, il pop spaventa. Ma dietro alla sfida di un nuovo medium, o di una nuova forma di espressione, si cela molto di più. Come l’apertura di nuovi confini, la possibilità di esprimere sensazioni ed effetti con soluzioni inusuali. Una scossa, insomma, a stilemi paludati e inamovibili.
L’arte digitale nella concezione di Karisma non è quindi “sorella minore” dell’arte tout court. Le sue collection sfruttano appieno le potenzialità delle nuove frontiere dell’illustrazione per trasportare lo spettatore “dentro” il processo creativo. E’ il caso di “Dress for the Grave”, in cui ciascuna immagine è accompagnata da un filmato con la “speed art” del work in progress. In cui è possibile vedere le immagini prendere gradualmente forma, emergere dalla tela digitale così come forme, chiaroscuri e suggestioni emergono dal pennello degli artisti tradizionali.
“Dress for the Grave”, una collection crepuscolare e decadente
Ma quali sono le caratteristiche più salienti di “Dress for the Grave”? La nuova collection firmata Karisma si articola in cinque diversi capitoli, uniti da un filo conduttore comune. Ovvero la ricerca costante dell’espressione di un decadentismo crepuscolare, tanto più d’impatto perché vivido e vissuto.
Si inizia con “Genesi 2:17”. Come svela il nome stesso, l’ispirazione principale riguarda il più celebre passo della Bibbia. Il primo capitolo della collection evoca la futura cacciata dal Paradiso Terrestre e l’infuocata spinta della ribellione, del desiderio di libertà.
Una sinergia di questi stessi elementi si ritrova anche nel secondo capitolo, “Diaspro”. Anche qui i toni sono gloriosamente cupi; nei riflessi del diaspro si evocano richiami biblici, suggestioni sanguigne e atmosfere apocalittiche. L’abile gioco di contrasti scolpisce i volumi, che sembrano incisi a fuoco vivo. L’occhio dello spettatore è trascinato dal vento ardente che pervade l’immaginario con la sua nebbiosa caligine.
La discesa in un‘apocalisse fuligginosa prosegue anche nel terzo capitolo. “A March into Water” offre uno spietato contrasto con il titolo, che sembra inneggiare a un trionfo solenne. I toni che virano su sfumature calde suggeriscono un vigore a stento trattenuto. L’avanzata nelle acque torbide evoca suggestioni multisensoriali, conferendo alla colonna in marcia un’aura minacciosa e incombente.
Il quarto capitolo si intitola “Vulture” Qui lo stile si avvicina di più, per certi aspetti, al surrealismo grottesco del miglior Dali. L’autore esacerba la realtà quotidiana distorcendola nel profondo. Ancora una volta, le atmosfere sono suggerite con prepotenza dai contrasti particolarmente violenti.
L’ultimo capitolo infine si intitola “Undressed”. Qui lo stacco dalle tonalità vivide e brucianti è netto e marcato. Si può quasi definire a buona ragione una dissolvenza al termine della sinfonia visiva che Karisma è stato capace di creare. Toni freddi e quasi satinati suggeriscono una trascendenza del surreale, che pare specchiarsi nello sguardo dell’osservatore.