Greenwashing. Da “green” ovvero verde, simbolo dell’ecologismo, + “washing” dal termine whitewash, ovvero imbiancare.  Letteralmente significherebbe qualcosa come “ridipingersi con l’ecologismo”, ma c’è un corrispettivo in italiano che rende molto meglio: ambientalismo, o ecologismo di facciata.

Si tratta di un fenomeno molto particolare per cui alcune aziende, istituzioni oppure organizzazioni creano un’immagine pubblica estremamente positiva sotto il punto di vista ecologico. Quest’immagine, tuttavia, non è che una “facciata”, appunto, che serve a distogliere l’attenzione da altri punti più problematici della stessa organizzazione.

Quindi non è altro che una strategia di comunicazione e di marketing finalizzata a mettere in risalto dei punti positivi appositamente creati e lasciare nell’ombra quelli negativi preesistenti.

Greenwashing: perché è così popolare tra le aziende?

Il primo, reale, motivo è che l’ecologismo funziona. Al giorno d’oggi c’è una consapevolezza maggiore del nostro impatto ambientale a livello personale e mondiale. I rischi che fino a poco tempo fa sembravano lontani, ora sono un’imminente realtà e si va sempre più in direzione di uno sviluppo sostenibile.

Greenwashing cosa è
Greenwashing cosa è e come funziona: proprio come per una casa, non basta rifare l’intonaco esterno per rinnovare davvero tutta la costruzione

Da una parte parliamo di vera e propria economia ecologica, fondata effettivamente sul concetto di contenere gli sprechi e massimizzare il riciclo o l’utilizzo. Lo troviamo un po’ in tutti i campi: la Green Fashion per la moda, i film che trattano i cambiamenti climatici per il cinema, i viaggi sostenibili per il turismo e via dicendo. Dall’altra, però, c’è una realtà un po’ più patinata che con tutto questo non ha niente a che fare. Una realtà che finge solamente perché, sostanzialmente, “essere greenva di moda.

Il Greenwashing non ha niente a che vedere con l’economia ecologica o con lo sviluppo sostenibile. È solo una pratica ingannevole che prevede messaggi pubblicitari finalizzati a colpire dei consumatori “green”, senza però dare un vero apporto alla causa.

Ma quindi funziona?

Dipende da quanto riesce a mascherarsi bene. L’ecologismo di facciata era sicuramente molto efficace ai suoi albori, negli anni ’80, ha avuto un exploit negli anni ’90 ma poi sono cominciati i problemi. Già dagli anni 2000 il consumatore “green” medio cominciava ad essere più attento alla veridicità di certe dichiarazioni.

Greenwashing e consapevolezza
Greenwashing e consapevolezza: un binomio fondamentale per saper distinguere le aziende che veramente si impegnano per l’ambiente e quelle che lo fanno solo per profitto

Rimanevano, però, tutte quelle persone che non avevano una gran cultura a riguardo e cercavano, comunque, di fare la scelta “più giusta” seguendo le campagne pubblicitarie. In loro soccorso sono arrivate delle linee guida delle autorità. In Italia, per esempio, il Greenwashing è sanzionato dall’Antitrust come pubblicità ingannevole.

Ovviamente, anche altre nazioni stanno mettendo dei paletti affinché si possa dimostrare la reale sostenibilità delle aziende attraverso certificazioni presenti sulle etichette dei prodotti. Probabilmente, però, il freno più grande sono e rimangono i social media: la gente si scambia opinioni e scopre più facilmente l’inganno.

Esempio di Ecologismo di facciata

Il più palese esempio di ecologismo di facciata è quello che ha portato alla luce il fenomeno. Nel 1986 un ambientalista puntò per primo il dito contro le catene di hotel che invitavano a ridurre il consumo di asciugamani. La motivazione data era l’elevato impatto ambientale dovuto al lavaggio continuo della biancheria. Dietro a questa scusante, però, c’era l’elevato risparmio economico per l’hotel dato dal taglio.

Molti marchi famosi sono caduti nel Greenwashing, anche in Italia. Tre dei nomi più importanti nel settore della produzione di acqua in bottiglia sono stati multati dall’Antitrust: Ferrarelle, San Benedetto e Sant’Anna. Ferrarelle promuoveva la sua bottiglia come un prodotto ad impatto zero, dato valido solo per due mesi. La linea eco-friendly della San Benedetto sovrastimava le percentuali di riduzione della plastica. L’eco-bottiglia di acqua Sant’Anna giocava un po’ troppo con i dati di riferimento, omettendo le scale reali.

Greenwashing esempio
Greenwashing, esempio tutto italiano per quanto riguarda tre delle marche di acqua in bottiglia più conosciute. Non è tutto eco quello che sembra.

Ma gli esempi sono ancora tantissimi. Quando trovi un’azienda che parla troppo genericamente, poniti qualche domanda. Cerca delle indicazioni specifiche a supporto del messaggio promozionale e controlla che le informazioni provengano da organi accreditati. Non ti fidare solo di un packaging verde, non è tutto eco quello che sembra!

L’ecologismo, lo sviluppo sostenibile e l’economia ecologica sono delle realtà importantissime al giorno d’oggi, ma bisogna crederci davvero. Tantissime aziende si stanno muovendo sotto questo punto di vista, attivamente e concretamente: facciamo attenzione a distinguere quello che è il vero Green Marketing dalle chiacchiere di facciata!


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