Tra le proteste degli ecologisti e le visite degli influencer agli Uffizi, i musei stanno prendendo da un po’ le prime pagine dei giornali. Da luoghi di cultura stanno diventando banchi per lanciare discussioni di varia natura. Le proteste ecologiste sfruttano i faretti dei dipinti per mettere in luce una grave realtà, ma le Influencer mezze nude?
Anche loro, volenti o nolenti, lanciano un messaggio forte di come la nostra società stia cambiando. Eva Menta e Alexis Mucci, due modelle molto note nel mondo dei social, sono l’icona dell’anacronismo di certi tabù. Ma è solo il seno a malapena coperto a destare tanto scalpore?
Influencer agli Uffizi e su OnlyFans
In realtà le fotografie incriminate non sono solo quelle del seno, ma riguardano anche il lato B. Le due influencer hanno avuto modo di sperimentare diverse pose e diverse angolazioni per gli scatti da postare su Instagram.
Scatti che comunque hanno oltrepassato di larga misura i 400.000 like nelle prime 24 ore.Anche perché dopo poco il post è stato rimosso volontariamente dalle due influencer per far calmare un po’ gli animi.
Eva Menta ed Alexis Mucci sono molto attive su diverse piattaforme: Instagram, TikTok ma, soprattutto, OnlyFans. Ed è proprio la piattaforma conosciuta per la monetizzazione di contenuti destinati principalmente ad un pubblico adulto, che fa storcere di più il naso.
Cultura, regole e tabù
Gli Uffizi si sono mossi praticamente da subito e hanno segnalato le foto della discordia. Tra le regole da seguire durante una visita al museo, infatti, è espressamente richiesto un abbigliamento consono all’ufficialità degli ambienti museali. Nel sito tale idoneità è specificata: niente costumi da bagno, abiti troppo succinti, vestiti da matrimonio, costumi storici o travestimenti lesivi alla dignità del luogo.
Ma se un abito da sposa è facilmente individuabile dalla security, una maglietta trasparente è estremamente difficile da notare – in tutti i sensi. Basta una giacca scura per coprirsi e sbottonarsi al bisogno.
Poco dopo il post, il museo ha inoltre richiesto la rimozione delle immagini, in quanto non autorizzate. Sì, perché oltre all’abbigliamento non consono, le due influencer agli Uffizi hanno infranto una seconda regola: non scattare foto destinate al pubblico. Non senza permesso.
Le fotografie sono permesse solo per uso personale e di studio. Per utilizzi diversi, che includono anche la monetizzazione di Instagram, è richiesta un’apposita autorizzazione e il pagamento di un canone che parte da 100 euro a foto.
Ferragni, prima influencer agli Uffizi
Sono passati due anni dal primo caso di influencer agli Uffizi. Nel 2020 la bufera non riguardava un seno, ma un nome: Chiara Ferragni. La situazione era ovviamente diversa: la Ferragni si trovava lì per una campagna fotografica di Vogue Hong Kong, quindi tutto ufficiale – tutto regolare. Tuttavia, la foto davanti alla Venere di Botticelli ha creato una lunghissima serie di polemiche… e pensare che non si vedeva nessuna scollatura!
Per ogni insta-defollow della pagina degli Uffizi, per ogni commento al vetriolo, ci sono stati altrettanti nuovi ingressi. Dopo la visita della Ferragni, infatti, c’è stata una crescita stabile di visitatori giovanissimi, tra i 19 e i 25 anni.
Quando l’arte è contemporanea
Spesso si dice che l’arte è sempre contemporanea, ma forse sono i fruitori dell’arte stessa a non esserlo. Siamo da sempre abituati a pensare ai musei come a luoghi elitari, non solo di cultura. Quello che esonera dal classico viene visto con un occhio di sospetto, anche se poi i risultati sono quelli dell’effetto Ferragni agli Uffizi.
E allora cosa ci dobbiamo aspettare dopo questo post della discordia? Probabilmente niente. La maggior parte delle volte i musei sono già pieni di corpi senza veli, quelli delle statue e dei dipinti. E rimarrà così, salvo, magari, qualche raro caso.
Forse si dovrebbe cambiare prospettiva. È interessante notare come due modelle, due creatrici di contenuti per adulti, abbiano scelto proprio gli Uffizi per dar luce al proprio lavoro. Più che intorpidire la reputazione del museo non è che si cerca di smacchiare quella dei sex worker? Probabilmente la risposta è che si tratta solo di marketing.