Se parliamo di stickers ci vengono in mente dei giochi da bambini. Figurine di calciatori, personaggi famosi o cartoni animati, ma anche piccole immagini in fondo ai diari scolastici, muri delle camerette irrimediabilmente cosparsi di piccoli adesivi colorati. Eppure quella degli sticker non è solo questo ma è una vera e propria arte, diffusa in tutto il mondo.
Un modo diverso di esprimersi, in un mondo dove distinguersi diventa sempre più complesso.
“L’arte ha parlato molte lingue, più di quelle che l’uomo stesso abbia mai creato”
Quando nascono gli stickers?
Gli stickers nascono ufficialmente negli anni ’30 e sin da subito fanno sognare bambini e giovani ragazzi, che li applicano sui diari di scuola, sui quaderni, gli zaini, le scrivanie, ma anche su motociclette e automobili. Tutti adorano gli stickers. Ma inizialmente non è stata considerata davvero una forma d’arte. Affinché gli stickers vengano riconosciuti come un’arte dovremmo attendere ancora diversi decenni, almeno fino agli ’80.
Ma in realtà non è nemmeno corretto dire che gli stickers sono nati negli anni ’30, perché così generalizzeremmo semplicemente alla moderna versione di essi. In realtà gli adesivi hanno radici molto più lontane.
Un primissimo esempio di stickers risale addirittura all’antico Egitto. Si dice, infatti, che si era soliti applicare dei fogli di carta (o di papiro) su frutta e verdura per riconoscerne la provenienza e per fare pubblicità. Pratica ancora molto comune.
Quindi quei bollini che ancora oggi troviamo nel reparto ortofrutticolo su tutta la merce hanno in realtà origini antichissime, di diversi millenni. Possiamo quindi affermare che gli stickers nascono proprio nel mondo alimentare, per riconoscere la provenienza dei prodotti.
La sticker art
Inizialmente gli stickers erano visti solamente per uso commerciale, pubblicitario e, a partire dagli ’30, per abbellire oggetti di bambini e ragazzi.
Ma è con gli anni ’80 che essi iniziano a prendere una forma completamente diversa, una vera e propria forma d’arte, riconosciuta come una branchia della street art: la sticker art.
Girando oramai per tutte le città, grandi o piccole esse siano, infatti, non è insolito imbattersi in piccoli sticker su muri, cartelli, fermate degli autobus, ecc. Stiamo ammirando una vera e propria nuova forma di street art, che vuole un po’ affiancarsi o sostituire quella più conosciuta dei murales.
Solitamente viene riconosciuto come vero capostipite della sticker art l’adesivo “Andre the Giant has a posse”, dell’artista americano Shepard Fairey, del 1989, divenuto poi, semplicemente Obey Giant.
E parliamo proprio di Obey, un brand di fama mondiale che proprio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 fu uno dei massimi esponenti e il principale aiuto nella diffusione della sticker art nel mondo.
Tuttavia Fairey dichiarerà che non aveva idea che in quel momento stava davvero creando una nuova forma d’arte, ma la reazione che scatenò fu totalmente inaspettata.
“L’opera di Fairey è stata una reazione contro la prima arte politica, dal momento che non riporta alcun messaggio diretto. Nonostante tutto, la scritta è suggestivamente antiautoritaria”.
Fu così che dai primi anni ’90 tutto il mondo iniziò a utilizzare la stickers art per lanciare messaggi politici e sociali.
La sticker art di oggi
Oggi non è più così insolito imbattersi in qualche lavoro di sticker art. Il fatto che siano un’opera d’arte replicabile in milioni di copie non la rende meno incisiva, tutt’altro è il modo più semplice e veloce per diffondere un messaggio.
Uno degli esempi più lampanti oggigiorno di sticker art è il quartiere londinese di Camden Town, disseminato di piccole opere d’arte.
“L’arte ci unisce” e sotto questa prospettiva gli stickers diventano un modo di unione. Artisti e appassionati, infatti, si scambiano gli stickers, esattamente come si faceva da bambini con le figurine, ma questa volta non vi è nessun album dove attaccarli, ma i muri delle città.